SETTEMBRE 2022
NAZAR EL SABIK -ESSAM
EGITTO
“NON VOLEVO UNA VITA SPERICOLATA”

Buongiorno Essam! Raccontaci delle tue origini.

Mi chiamo Nazar El Sabik ma tutti mi chiamano Essam. Sono nato in Egitto a Il Cairo il 15 maggio 1974

Il posto dove sono nato è al centro de Il Cairo, proprio vicino al castello del Presidente. Sono a dieci minuti a piedi da questo luogo.

Ho frequentato l’università Al Azhar, che è un’università un po’ speciale dove mi sono laureato in giurisprudenza. Nel 1994 nei due anni di specializzazione ho conosciuto molti stranieri che venivano dalla Turchia, da altri paesi africani…

 

Com’era la tua vita nella città Il Cairo e come hai deciso di lasciare la tua terra?

Io non avevo problemi né di soldi né per lo studio, stavo bene perché ero unico figlio maschio con una sorella

Sono rimasto in Egitto fino a trent’anni e qualche mese.

Parlando con il mio miglior amico, che era Turco, mi ha detto che, mentre dall’Egitto è difficile emigrare verso l’Europa, dalla Turchia è molto più facile. Io però non ho scelto questa strada: conoscevo delle persone e avevo diponibilità di soldi in banca. Al Consolato, per darti il permesso di uscire dall’Egitto vogliono sapere che lavoro fai, se hai soldi ecc. perché sanno che chi va in Europa con un permesso di tre mesi, poi non torna.

Per cui per darti il permesso fanno tanti accertamenti.

Fin da piccolo avevo un sogno: venire in Italia o in Europa per curiosità, volevo scoprire che cosa c’è di là del mare, se ci sono persone come noi, ecc. Poi vedevo la televisione e la mia curiosità è aumentata.

 

Come sei riuscito a partire?

Era il 1994. Il mio amico turco mi aiutava, mentre nella mia famiglia assolutamente non volevano che partissi: ero l’unico maschio sia nella mia famiglia che in quella dello zio e mi dicevano: “Se te ne vai, chi resta qua?”. Era quindi una situazione particolare, piuttosto difficile per me.

Però, rendendosi conto dei miei desideri e delle mie difficoltà, dieci anni dopo, nel 2004, mio padre mi ha preso da parte e mi ha detto: “Ma tu non volevi andare in Europa?”

Allora ho deciso di partire.

Ero sposato e avevo un figlio di 3 anni e 5 mesi, ma ho voluto partire perché volevo realizzare il mio sogno.

Così sono partito in aereo con il biglietto turistico valido per tre mesi.

 

Come sono stati i primi mesi in Italia?

All’inizio sono stato sfortunatissimo.

Avevo un amico egiziano, che ho ancora adesso, che aveva una pizzeria in Brianza, e sono andato da lui non per lavorare, ma per vedere il suo lavoro.

I primi giorni ero molto curioso. Il mio amico mi ha lasciato le chiavi di casa e io sono andato in un bar vicino a prendere un caffè, ma non conoscevo una parola di italiano. In quel momento è arrivato un ragazzo e ho sentito che ha detto: “Buon giorno signora, vorrei un caffè”. Io ho fatto capire al ragazzo di ripetermi più volte la frase, poi sono entrato e sono riuscito a ordinare un caffè. Ho dato venti euro (non avevo idea di quanto costasse un caffè) e lei mi ha dato il resto esatto.

Al pomeriggio sono ritornato in quel bar con il mio amico egiziano che conosceva da tempo la signora e mi ha presentato a lei dicendo che ero appena arrivato dall’Egitto. E la signora: “Come? È appena arrivato? Questa mattina ha parlato molto bene in italiano!”  Attraverso il mio amico ho spiegato come avevo fatto, e ci siamo messi tutti a ridere. La signora mi ha incoraggiato a proseguire così.

 

Come mai hai scelto di fare il pizzaiolo?

Il lavoro di pizzaiolo mi piaceva e ho detto al mio amico: “Insegnami a fare la pizza”. Lui non voleva perché diceva: “No, tu devi tornare in Egitto!” Ma io l’ho convinto dicendogli che anch’io volevo aprire un bar.

Così lui mi ha insegnato. In genere per diventare un bravo pizzaiolo ci vogliono mesi, ma io avevo così voglia di apprendere che in quarantacinque giorni avevo già imparato.

 

Quali problemi hai incontrato?

Inizialmente però avevo un grosso problema con l’aria, il cibo e le bevande: non ero abituato, qua era tutto diverso.

In Egitto non era mai successo che andassi in macchina con qualcuno e vomitassi, qua mi succedeva questo e avevo mal di testa.

Comunque ho imparato a fare le pizze e il mio amico mi ha detto: “Io ti tengo volentieri con me a lavorare, ma è bene per te che lavori in diverse pizzerie per fare esperienze e imparare diversi modi di cucinare le pizze: io faccio in un determinato modo, ma altri usano altri modi…”

Infatti seguendo il suo consiglio lavoravo quindici giorni qua, un mese là… purtroppo sempre in nero.

Finalmente attraverso amici di amici ho trovato un lavoro fisso in una pizzeria in una cittadina vicino a Lecco.

 

E per l’alloggio?

Il problema era trovare un alloggio, un posto letto. Lì c’erano pochi egiziani: c’erano molto tunisini. Sono stato ospite per una settimana dal proprietario della pizzeria, intanto che sua moglie era in Egitto.

Chiedendo ai clienti e nei bar, ho trovato un posto letto dove c’erano dei ragazzi tunisini; non ho mai capito bene quanti fossero, vedevo però tanta gente che veniva alla sera e mi sono accorto che fumavano canne…

A me questo non stava bene, anche perché rischiavo non avendo il permesso di soggiorno.

Ho cercato allora un altro posto e un cliente della pizzeria mi ha detto che aveva un posto da darmi, ma dopo qualche giorno, quando la moglie e la figlia sarebbero andate in Egitto. Ci siamo accordati sul prezzo dell’affitto, ho visto la casa, la mia stanza e quell’uomo mi ha detto che sarebbero arrivati dei cugini, ma non dovevo preoccuparmi perché nella stanza sarei stato da solo.

Infatti dopo una settimana sono arrivati questi cugini che mi hanno invitato a mangiare un’anguria con loro e a bere un po’ di vodka. Io non volevo (bevo solo acqua), ma per educazione, ho accettato di assaggiarla e di mangiare una fetta d’anguria,

Quella notte sono stato male e ho fatto sogni bruttissimi.

Al mattino alle sette mi sveglio e trovo 7 carabinieri attorno al letto.

Era il 2005 ed ero in Italia da pochi mesi, non parlavo in italiano e non riuscivo a capire che cosa succedeva.  Avevo sentito che era scoppiata una bomba a Barcellona e ho pensato che volessero fare dei controlli.

Invece no. Mi portano in sala dove c’erano anche gli altri ragazzi. I carabinieri mi chiedono: “Dov’è la droga?” Io capivo solo poche parole, ma quella parola la conoscevo bene. Mi sono sentito morire.

Ho cercato di dire che io non sapevo nulla, ma niente… mi hanno portato in questura. La loro macchina andava veloce su quella strada di montagna piena di curve e io mi sono sentito male. Il carabiniere ha aperto il finestrino e io pensavo alla vergogna che avrei suscitato in Egitto: nessuno mi avrebbe creduto, avrebbero pensato che ero venuto in Italia per delinquere. Ho pensato ai miei figli: il papà era uno spacciatore!

Ho pensato di aprire la portiera e di buttarmi fuori per suicidarmi…

In caserma mi hanno preso il telefonino e io non potevo avvertire nessuno. Per fortuna i vicini di casa hanno avvertito il proprietario della pizzeria, che ha chiamato in Egitto dicendo che ero vivo anche se non potevo chiamare. Così la notizia è arrivata anche in Egitto. Mia madre, che era una donna forte e robusta, a quella notizia ha avuto un malore e non è più riuscita a camminare.

 

Come hai potuto scagionarti e uscire dal carcere?

Ho fatto 49 giorni di prigione. I ragazzi tunisini mi hanno scagionato, ma eravamo al 3 di agosto: tutti in ferie, nessun avvocato disponibile, nessuna udienza… E così la mia detenzione, che poteva finire prima, è durata più a lungo.

Dopo 3 giorni che ero in prigione, mi chiamano per farmi delle domande e finalmente ho avuto un avvocato, una signora, che mi ha aiutato e mi ha detto che sarei uscito, in quanto la mia pena è stata sospesa.

Ho dovuto aspettare ancora alcuni giorni e alcuni mi hanno detto che mi avrebbero rimandato in Egitto. Io avrei accettato anche questa soluzione pur di uscire.

Finalmente mi hanno comunicato la scarcerazione. Io sono scoppiato a piangere e tutti sono venuti vicini a me, perché avevo un buon rapporto con tutti i miei compagni del carcere. Mi hanno portato in questura per le impronte e io chiedevo che cosa mi sarebbe successo: non avevo il permesso di soggiorno, non avevo passaporto, né altri documenti e hanno dovuto scrivere i dati che gli davo io. Il poliziotto, sorridendo, mi ha detto: “Ma tu senza documenti dove vuoi andare?” Invece mi hanno preso le impronte e la ragazza che era in quell’ufficio mi ha chiesto, anche lei sorridendo, che cosa avessi combinato. Io ho detto che ero innocente e lei mi ha detto di giurare in arabo e io ho giurato. Appena sono uscito, ho telefonato alla mia mamma. Appena in Egitto è arrivata la mia voce, ho sentito delle urla di gioia e mia mamma è svenuta.

 

Dopo questa brutta avventura, come è stata la tua vita in Italia?

Appena uscito di prigione volevo bere un caffè e fumarmi una sigaretta di quelle che fumavo di solito (in prigione mi facevano fumare un altro tipo: avevo un po’ di soldi in tasca e mi facevano la spesa di sigarette e altro).

Subito sono tornato a dal mio amico, mi sono riposato un po’, poi ho ripreso il lavoro in pizzeria: ho lavorato sei mesi in un paese, sei mesi in un altro, poi sono arrivato a qui alla Pizzeria Mare Rosso.

 

Come ne sei diventato proprietario?

La pizzeria era di un signore egiziano e io ero il pizzaiolo, ma siccome io c’ero sempre (mentre gli altri due cambiavano) tutti pensavano che la pizzeria era di mia proprietà.

Quando ho avuto il permesso di soggiorno nel 2013, il proprietario sapeva già che io non volevo lavorare alle dipendenze di nessuno, allora lui stesso mi ha proposto di comperarla.

Io ero molto contento perché il paese mi piaceva, ormai avevo confidenza con molte persone, sono amico di tutti e tutti mi sono amici; per questo l’ho comperata volentieri. Ora sono il proprietario della Pizzeria Mare Rosso.

 

Hai la cittadinanza italiana?

Non ho ancora la cittadinanza italiana: ho diritto alla cittadinanza dopo nove anni dal primo permesso di soggiorno, quindi l’anno prossimo posso fare la richiesta per avere la cittadinanza.

Io sicuramente farò richiesta, perché la differenza che ho trovato in Italia rispetto al mio paese è per il bene, non per il male.

 

Ti senti integrato in Italia? Ti sei sentito discriminato qualche volta?

Qua in Italia ora mi sento abbastanza integrato al 90 per cento, anche se qualche problema c’è ancora. Prima ero molto sensibile anche agli sguardi delle persone.

Ancora adesso a volte mi viene il nervoso. Per esempio quando vado in banca, anche se sono un cliente da tanti anni, fanno ancora fatica a con il libretto degli assegni: non si fidano, anche se non ho mai fatto “casino”.

 

Quali sono stati i momenti più belli?

Il momento più bello della mia vita è stato quando sono sceso dal treno a Milano.

Adesso il momento più bello è quando vince la mia squadra del cuore in Egitto: ho anche la bandiera esposta a casa mia.

 

Qual è la tua religione? Riesci a praticarla?

Sono mussulmano, molto credente ma riesco a praticare poco la mia religione. Dovrei pregare cinque volte al giorno, ma spesso non riesco a farlo, anche il Ramadan sono sei sette anni che non lo faccio. È stata una decisione che ho preso, perché non riesco a farlo come si deve. Nel Ramadan non è solo il digiuno che si deve fare (quello è la cosa più facile), ma ci sono molte altre cose da fare e io non riesco, per questo preferisco non farlo.

Per noi mussulmani, ci sono due feste molto importanti: una è la fine del Ramadan (Aid el fitr) e la seconda è settanta giorni dopo ed è il Sacrificio del Montone (Id al-adha).

 

Che cosa pensi del tuo futuro? Quali sono i tuoi progetti?

Inizialmente il mio progetto era di fare cinque/sei mesi qua in Italia e tre/ quattro mesi in Egitto, ma la cosa non è riuscita per i problemi di tipo economico.  Ormai amo l’Italia e non penso di lasciarla. Io vedo il mio futuro come una strada aperta tra l’Italia e l’Egitto. Poi penso anche ad altri progetti che se le cose fossero andate bene avrei già realizzato da cinque o sei anni: mi piace fare il pizzaiolo, ma questo non è il mio lavoro.

Pensavo a un progetto che toccasse l’Italia, l’Europa e anche l’Egitto. Ho visto che qua la carne costa poco, mentre in Egitto costa molto di più.

La mia idea è di fare una fattoria molto grande con tanti animali e ho pensato ad un commercio di animali.