OTTOBRE 2022
LALLA AICHA
BURKINA FASO
“VIVO TRA DUE MONDI”

Come ti chiami e dove sei nata?

Mi chiamo Lalla Aicha e sono nata in Burkina Faso nel 1980, in una città che si chiama Bobo Dioulasso.

 

Com’è il posto dove sei nata?

È un posto meraviglioso, pieno di amore e solidarietà verso la comunità, dove il figlio del vicino è il figlio tuo, quando vedi passare un bambino che si è perso lo tratti come figlio tuo e te ne prendi cura. Sono cresciuta in un posto così. È una città che si chiama Bobo Dioulasso. Quando vivevo lì andavo spesso a trovare mio padre e i miei nonni che abitano a 75 km da me, in campagna. Ho ricevuto tanto dai miei nonni. È un posto con tanti alberi, baobab e anche karitè, con cui i miei nonni fanno il burro di karitè. Adesso i miei zii vanno avanti a fare il burro grazie ai nonni e alle tante piante.

 

Quanto tempo hai vissuto in Burkina e perché sei partita?

Sono andata via dal Burkina Faso a 25 anni per amore, ho seguito mio marito

Marco, italiano, perché abbiamo fatto la scelta di fare crescere i figli in Italia pensando che se crescono qua avranno più opportunità nel futuro.

Mio marito era in Burkina come volontario e aiutava gli altri con musica, teatro e danza e ci siamo conosciuti.

 

Come è stato il viaggio verso l’Italia?

Ho preso l’aereo con scalo a Parigi, e poi in treno fino a Torino dove mio marito è venuto a prendermi. Ho viaggiato con un amico che l’aveva già fatto, ma per me era il primo viaggio ed ero molto spaventata e agitata.

 

Parlavi italiano?

No, neanche una parola. Con Marco parlavamo in francese.

Lui abitava a Milano e una volta una maestra che faceva teatro ci ha invitato qui sulle colline piacentine dove aveva una casa e c’era un centro di accoglienza e solidarietà dove riuscivamo a fare quello che ci piaceva. Ci siamo trasferiti perché anche se Milano è bella a me piace di più la natura.

 

Come hai vissuto l’inizio qui in Italia e adesso come ti trovi?

Mi sono trovata a mio agio perché mi sono sentita accolta e accettata nell’ambiente familiare. I genitori di Marco mi hanno sempre trattata come una figlia. Solo quando ho cominciato a fare qualche cosa da sola ho incontrato grandi difficoltà. Non sapendo l’italiano, anche andare a fare la spesa era difficilissimo. Non ho potuto frequentare una scuola di lingua italiana perché sono rimasta incinta e così sono riuscita a imparare grazie agli amici. I figli hanno imparato subito con la scuola e mi hanno aiutata; ho imparato anche con la TV e i cartoni animati che guardavano. Adesso abito in una cittadina emiliana dove c’è una bella comunità del Burkina e mi trovo bene. Sono tra due mondi perché, per esempio, a casa mia si mangia italiano e africano, a casa degli amici italiani solo in modo italiano e a casa degli amici del Burkina solo in modo africano.

Ma mi piace trasmettere ai figli questi due mondi.

 

Hai la cittadinanza?

Si, io per fortuna ce l’ho. Ho fatto la domanda tanti anni prima e sono 6 anni che ce l’ho. Penso sia importante perché vedo tanti amici che hanno difficoltà, per esempio tornare al Paese con figli nati qua.

 

Ti senti integrata in questa società, con le persone, il modo di vivere?

Nella mia comunità, con le persone che conosco e frequento, sì, mi sento integrata, ma non dappertutto; ho provato a voler lasciare il carrello della spesa dove avevo messo l’euro a una signora per farle una cortesia, ma lei mi ha risposto: “no, no, no, non tocco quello che tu hai toccato!”.

Ma credo che l’ignoranza ci sia un po’ dappertutto, qui, in Africa, in altri Paesi…

 

Qual è stato il momento più difficile e quello più felice che hai vissuto?

Il momento più difficile è quando volevo portare qui in Italia mio figlio e mio padre. Ma è impossibile: troppe carte, troppe difficoltà, anche solo per far venire mia sorella tre mesi per farle vedere come vivo e dove vivo. Mi chiedono troppe cose e tanti soldi che io non riesco a dare. La mia famiglia mi manca. Ma non perché qui non ho affetti; anzi, la famiglia di mio marito è talmente bella e mi vogliono tanto bene. E questo è la cosa più bella che sto vivendo, perché mi sento accettata e amata.

 

Sei credente e se sì, riesci a professare la tua religione?

Sono credente e penso che ognuno ha il diritto di credere nel Dio che vuole.

Sono musulmana e mio padre mi ha insegnato che ogni Dio è un Dio, e quando mia figlia ha voluto battezzarsi io ero felice. Mio marito è cristiano e è bello essere in una famiglia senza barriere.

 

Scusa la domanda che forse è troppo personale, ma tu parli solo di tuo padre: e tua madre?

Mia madre se ne è andata troppo presto, è morta, e mi manca. Poi ho avuto una matrigna che è come una mamma: mio padre ha avuto tante mogli. Ogni domenica ci sentiamo al telefono con mamma, ci vogliamo bene.

Mio padre ci ha lasciati qualche mese fa ma riesco a tenere duro e resistere.

 

Cosa desideri dal futuro e cosa ti aspetti?

Io desidero che i miei figli e i figli degli altri abbiano la pace, che non ci siano guerre, che imparino ad amare gli altri come se stessi, come è scritto nel Corano e nella Bibbia, che non dimentichino chi sono e che rispettino tutti gli altri. Io spero che nel mio Paese e in tutti gli altri non ci sia più la guerra, la violenza sulle donne e sui bambini, che solo pensarlo mi viene un magone.

Nessuna violenza su nessuno.